Il Ministro presenta il programma politico
Il 18 luglio, presso la commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati, il Ministro Moratti ha illustrato le linee guida che orienteranno il Ministero nei prossimi anni.
Di seguito riportiamo una sintesi della relazione.
Chi sono i protagonisti della scuola
Il nostro impegno ha al centro i bisogni, gli interessi, le aspirazioni, i sogni di realizzazione degli studenti, le attese delle loro famiglie, il lavoro degli insegnanti. Sono loro, i veri protagonisti della scuola, che ispirano la nostra azione legata a due principi fondamentali: solidarietà ed eccellenza.
In particolare nel delicato passaggio tra la scuola e l'università, gli studenti sono soli. Noi dobbiamo accompagnarli e aiutarli nella scelta dell'università, perché questa scelta condiziona tutto il loro futuro.
Gli studenti sono soli anche dentro l'università. Dobbiamo affiancarli e sostenerli in modo continuativo in tutto il loro percorso di formazione superiore, e aiutarli nella decisiva scelta del loro primo inserimento nel mondo del lavoro.
Le cifre dell'istruzione
I dati di una recente indagine dell'OCSE condotta nell'area dei paesi industriali denunciano, nonostante il basso numero di alunni per docente (un insegnante ogni dieci alunni contro la media OCSE di 1 su 15), il fatto che il 65,5% della popolazione adulta non supera il secondo livello alfabetico. L'Italia risulta ventunesima nella preparazione scientifica dei suoi studenti e ventitreesima in quella matematica.
Il costo per studente della scuola italiana è più alto del 15% rispetto alla media europea. Eppure, soltanto il 40% della popolazione adulta ha un diploma di scuola secondaria, contro il 61% della Francia e l'84% della Germania. In Italia i laureati sono soltanto il 9% delle persone che lavorano mentre in Francia i laureati sono il 19% e in Germania il 22%. In Italia meno della metà di coloro che frequentano la scuola superiore finisce regolarmente gli studi, contro una media che nell'area dell'OCSE è vicina al 70%. I tassi di dispersione universitaria restano da noi i più alti d'Europa: in Italia si laureano 38,5 matricole su cento, contro le 81 dell'Inghilterra, le 72 della Germania e le 55 della Francia. Le statistiche OCSE, come sapete, ci dicono che l'Italia, con il 36% di laureati sul totale degli iscritti all'università è l'ultimo dei paesi industriali in questa graduatoria. Negli ultimi 40 anni su quasi 10 milioni di giovani che si sono rivolti all'università per un livello di istruzione superiore, i laureati sono stati poco meno di 3 milioni.
Cosa abbiamo trovato
La situazione che ereditiamo nella scuola, nell'università e nella ricerca registra ancora un peso burocratico e opprimente dello Stato.
In particolare si continua a governare le scuole con una miriade di circolari e decreti.
Oggi siamo lontanissimi dall'avere i mezzi, i programmi, le strutture per formare i giovani in modo tale da consentire loro di affermarsi, realizzarsi in qualunque paese del mondo e contribuire al progresso generale.
La gravità di questa situazione, che parte dai livelli primari di istruzione per estendersi sino alle frontiere più avanzate della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnica, è nota da tempo. L'Italia, proprio in virtù del suo più debole sistema educativo, formativo e di ricerca, è a rischio di decadenza, esclusione e marginalizzazione.
Quali sono i nostri valori
Nell'istruzione, come in molti altri campi, lo Stato non può essere l'unico promotore del valore del capitale umano né essere custode esclusivo dei patrimoni di competenze tecnico scientifiche.
Nell'istruzione lo Stato dovrà continuare a garantire unitariamente i principi di eguaglianza e di equità sociale, rafforzando il proprio ruolo di controllo ed indirizzo.
Vivian Reding, responsabile del settore istruzione e cultura della Commissione Europea, ha recentemente riaffermato che è necessario adattare i sistemi educativi non solo alle esigenze delle economie ma anche soprattutto a quelle dello sviluppo, che per noi significa soprattutto sviluppo della persona nel contesto sociale.
La nostra azione sarà determinata da una visione nuova dei processi educativi e formativi che tenderà a coniugare le antiche contrapposizioni tra equità e competizione, tra valori di giustizia sociale e valori di merito, tra partecipazione e responsabilità; principi che non devono essere contrapposti ma vanno ricondotti a una visione unitaria e coerente: la solidarietà e l'eccellenza .
Diritto allo studio e diritto all'eccellenza, dunque. La giustizia educativa e la competitività sono entrambi principi fondanti di un progetto che punterà ad integrare le molteplicità dei poteri, delle funzioni e dei soggetti che operano nel mondo dell'istruzione e della formazione.
La pari condizione tra le famiglie è un principio che in tutti gli altri paesi tutela da tempo il diritto a scegliere i percorsi educativi più attinenti ai valori individuali e agli obiettivi di realizzazione personale degli studenti e attiene al principio di un sistema integrato nelle sue componenti statali e non, per un reale passaggio dalla scuola di Stato alla scuola della società civile.
Che cosa abbiamo già fatto
Il Decreto legge che il Governo ha varato per l'avvio dell'anno scolastico costituisce un primo passo per avviare una non più procrastinabile inversione di tendenza secondo cui l'amministrazione deve recuperare la sua funzione di servizio rispetto alla organizzazione scolastica, ponendo al centro le esigenze dello studente e delle famiglie.
La stessa sospensione dell'avvio della riforma dei cicli non è stata da noi voluta per bloccare il processo riformatore. Al contrario, proprio da questo primo atto abbiamo voluto dimostrare che le riforme si fanno coinvolgendo gli attori principali del processo e, quindi, studenti, famiglie, insegnanti.
Inoltre ho ottenuto già nella definizione del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, politiche di investimento che favoriscano un aumento della scolarizzazione, che migliorino la qualificazione professionale di giovani ed adulti, che valorizzino le risorse umane impegnate, che sostengano la ricerca. Vogliamo innescare un circolo virtuoso che consenta ai giovani di "sapere, saper fare, saper essere". Vogliamo che i giovani si formino come persone e come cittadini per realizzare il loro progetto di vita.
Qual è la nostra missione per la scuola italiana
1) Un sistema democratico, aperto, trasparente
Intendiamo ridefinire il ruolo dello stato centrale modificando l'assetto gestionale ancora fortemente statalista dell'Amministrazione. Serve un sistema organizzato su tre livelli: nazionale, regionale e dei singoli istituti, con un centro che indirizzi e governi, ma senza più compiti di gestione.
Al centro va riservata la definizione dei curricoli nazionali, il cui contenuto dovrà rispecchiare la nostra cultura e la nostra tradizione, elementi essenziali per la costruzione e la conservazione dell'identità nazionale. I curricoli nazionali potranno essere integrati dalle regioni e dagli Istituti scolastici, e in questo modo sarà possibile l'apporto delle diversità e delle ricchezze regionali e locali.
Serve, altresì, un centro che valuti il funzionamento delle scuole e i livelli di apprendimento degli studenti. Occorre per questo un servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico nel suo complesso, autonomo e indipendente, che definisca gli standard di qualità delle scuole e operi sui livelli finali di preparazione degli studenti, al fine di migliorarli costantemente ed in modo omogeneo nel Paese.
Gli investimenti sulla docenza vanno concentrati sulla definizione di articolazioni delle funzioni, che si concretizzino nel riconoscimento di un diverso impegno professionale sia rispetto al tempo di lavoro sia in relazione all'arricchimento del profilo professionale con conseguenti riconoscimenti economici.
In questo senso, anche alla luce della riforma della dirigenza scolastica, appare opportuno definire, tempestivamente, una separata area contrattuale per il personale docente ed un nuovo stato giuridico coerente con la piena attuazione dell'autonomia delle scuole.
Si intende inoltre realizzare, nel confronto con le associazioni delle famiglie e con le organizzazioni sindacali di categoria, codici deontologici flessibili, che consentano alla categoria stessa di tutelare quella dignità che ad essa compete.
Mezzi, strutture, risorse e personale vanno invece indirizzati direttamente agli istituti scolastici.
A questo proposito costituiremo un Tavolo di semplificazione destinato a razionalizzare e sburocratizzare in maniera netta tutte le disposizioni di organizzazione interna alla struttura scolastica. Dobbiamo infatti superare l'attuale assetto dell'istruzione organizzato in chiave autoreferenziale.
Una vera autonomia delle istituzioni scolastiche comporta, peraltro, che si prevedano al più presto organi di governo all'interno di ogni istituto. Il Governo si appresta a presentare alle Camere un disegno di legge di riforma degli organi collegiali di istituto, ispirato a garantire la presenza degli essenziali organi di governo, lasciando alla libertà dei singoli istituti di prevedere le forme di partecipazione e organizzazione ritenute più opportune.
Rispetto, invece, agli organi collegiali territoriali si renderà necessaria una proroga alla loro costituzione, prevista per il prossimo primo settembre, per una indispensabile revisione che tenga conto sia della riforma federalista dello Stato, sia di un necessario cambiamento rispetto all'attuale struttura.
2) I cicli
Un gruppo di lavoro ristretto esaminerà di tutti i nodi più urgenti da sciogliere, in vista dell'organizzazione di una riunione più ampia che potremmo chiamare Stati generali dell'Istruzione, composti da rappresentanti delle famiglie, degli studenti, dei docenti e da tecnici che sulla base dei rapporti di sintesi, mi forniranno i concreti riscontri per un nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti e per le eventuali modifiche da apportare alla legge.
Il gruppo di lavoro, presieduto dal prof. Giuseppe Bertagna dell'università di Bologna e Torino, è costituito dai professori Giorgio Chiosso dell'università di Torino, Michele Colasanto, Prorettore dell'Università Cattolica ed ex Presidente dell'ISFOL, Silvano Tagliagambe dell'università La Sapienza di Roma, Norberto Bottani, ex ricercatore OCSE e Direttore del Dipartimento Innovazione Educativa del Cantone di Ginevra e dal prof. Ferdinando Montuschi, titolare della Cattedra di Pedagogia speciale, Presidente della Formazione primaria della III Università di Roma.
I punti cruciali da esaminare sembrano essere:
- se e in quale modo considerare la frequenza della Scuola dell'infanzia triennale, che resta non obbligatoria e curricolarmente unitaria come possibile credito ai fini del soddisfacimento di almeno un anno dell'istruzione obbligatoria;
- un'articolazione della scuola che valorizzi le specificità dell'età evolutive, della fanciullezza e della preadolescenza;
- la possibilità di curricula della scuola secondaria in genere di elevata qualità con la possibilità di prevedere una specializzazione;
- la natura pedagogica, l'identità curricolare e la fisionomia istituzionale di un percorso graduale e continuo di formazione professionale parallelo a quello scolastico ed universitario dai 14 ai 21 anni;
- le modalità con cui dar corso ai punti precedenti avvalorando l'autonomia delle istituzioni scolastiche e dei centri per la formazione professionale, facendo sempre prevalere, sia sul piano delle verifiche, dell'apprendimento, sia su quello dell'obbligo formativo a 18 anni, i vincoli di risultato, su quelli procedurali.
3) Gli insegnanti
Si è consolidato, in questo modo, nella maggior parte del personale docente, un modello di lavoro a volte privo di significato, di natura impiegatizia non professionale.
Gli investimenti sulla docenza vanno concentrati sulla definizione di articolazioni delle funzioni, che si concretizzino nel riconoscimento di un diverso impegno professionale sia rispetto al tempo di lavoro sia in relazione all'arricchimento del profilo professionale con conseguenti riconoscimenti economici.
In questo senso, anche alla luce della riforma della dirigenza scolastica, appare opportuno definire, tempestivamente, una separata area contrattuale per il personale docente ed un nuovo stato giuridico coerente con la piena attuazione dell'autonomia delle scuole.
Il Governo sarà attento, altresì, alla questione del primo contratto collettivo nazionale dei dirigenti scolastici che attendono il riconoscimento sul piano economico e giuridico delle nuove funzioni che ricoprono dal primo settembre 2000 all'interno dell' impianto autonomistico delle scuole.
Bandiremo al più presto il primo concorso, dopo ormai dodici anni, per il reclutamento dei dirigenti scolastici.
Uguale attenzione andrà posta alla valorizzazione dell'importante funzione del personale ausiliario, tecnico e amministrativo, che sta dando un notevole contributo al processo di riorganizzazione dell'amministrazione.
Proposte per l'università
La nostra azione si incentrerà sui tre seguenti obiettivi, indicati da tempo e mai realizzati:
Aumentare il numero dei laureati portandolo ai livelli europei;
Fare in modo che vengano ridotti i tempi effettivi per il conseguimento dei titoli universitari;
Garantire gli sbocchi professionali anche attraverso l'elevata qualità dei corsi.
Il Governo intende, pertanto, sostenere le università che intendono attuare da subito la riforma, e, nello stesso tempo, dare a coloro che ne sentono l'esigenza la facoltà di differire l'inizio dei corsi di studio all'anno accademico 2003/2004.
Una delle criticità del sistema universitario è quella delle risorse, in particolare per quanto riguarda il diritto allo studio, l'edilizia scolastica e i fondi per la ricerca . Il nostro sistema è finanziato per l'equivalente di 6.295 milioni di dollari, come risulta dai dati OCSE relativi all'anno 1998, spesa che è di molto inferiore a quella della Germania (9.481) e dell'Inghilterra (9.699).
Invero, la riduzione delle previsioni di cassa ha comportato nel corso degli ultimi anni un incremento patologico della massa dei residui passivi e correlativamente una sostanziale riduzione della liquidità degli Atenei per far fronte agli impegni di competenza. Si rende pertanto necessario, al fine di restituire al sistema universitario la necessaria funzionalità, di operare un progressivo riallineamento tra le previsioni di competenza e la massa dei residui e quella di cassa.
Il processo di completamento dell'autonomia universitaria, inoltre, attuato attraverso la riforma della complessiva offerta formativa, in linea con gli orientamenti europei, rende improcrastinabile un incremento del fondo di finanziamento ordinario.
Quanto alla ricerca di base, gli attuali stanziamenti hanno subito negli ultimi tempi decurtazioni che rappresentano un ostacolo al suo rilancio.
E' inoltre necessario l'avvio di azioni preordinate all'adeguamento delle strutture edilizie e delle correlate attrezzature didattiche e scientifiche, attraverso un rilancio della politica degli investimenti del settore dell'edilizia universitaria.
Per assicurare il concreto raggiungimento dei tre obiettivi prima indicati, va costantemente monitorata l'efficienza e l'efficacia della organizzazione e della didattica. A tal fine, centrale è il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, che va potenziato e rafforzato.
La valutazione dovrà inoltre comprendere la definizione di una griglia di requisiti minimi che una istituzione universitaria deve possedere per offrire una formazione nelle diverse classi di corsi di laurea. La definizione di tali requisiti minimi consentirà di correlare l'offerta formativa alle reali esigenze e di pervenire ad un sistema di accreditamento dei corsi, necessario per qualificare l'offerta formativa stessa. Occorre quindi superare decisamente il sistema dei controlli preventivi di tipo burocratico, attualmente affidati alla struttura centrale del Ministero e il CUN che rappresentano un forte vincolo all'esercizio effettivo dell'autonomia e conservano rigidità con essa non coerenti proprio con l'aspetto più delicato ed importante, che è quello della definizione dei processi formativi. Le risorse andranno complessivamente incrementate, come prima ho chiarito, ma in modo strettamente finalizzato al perseguimento degli obiettivi essenziali.
Sembra inoltre necessaria una riflessione sui docenti, che affronti i temi della qualità della ricerca e dell'insegnamento e della relativa valutazione. Essenziale è il tema del reclutamento, che va disciplinato in termini tali da consentire agli atenei di scegliere docenti di qualità.
Sembra opportuno in ogni caso, in considerazione della inefficacia dei meccanismi dei concorsi recentemente riformati, segnalata dagli atenei, provvedere ad una urgente azione di rettifica normativa recuperando il sistema del vincitore unico in luogo del vigente sistema dei due candidati idonei.
Una vera politica del diritto allo studio deve preoccuparsi non solo di sostenere economicamente gli studenti privi di mezzi, ma anche di valorizzare i talenti migliori, indirizzandoli verso le università migliori. Le nostre università devono inoltre saper attrarre i migliori studenti stranieri. A questo fine sono essenziali le politiche di mobilità degli studenti sia tra le università italiane, sia e soprattutto tra le nostre università e quelle europee, come avviene già nei maggiori paesi dell'Unione. Valga per tutti l'esempio delle università olandesi, che scambiano stabilmente metà dei propri studenti con quelli di differenti atenei europei.
Più ancora, è alla internazionalizzazione complessiva delle nostre università che occorre dare massimo impegno e attenzione, creando condizioni che favoriscano gli scambi e i periodi all'estero, oltre che degli studenti, anche dei professori e dei ricercatori.
Proposte per la ricerca
Per superare l'attuale insoddisfacente situazione, il Governo intende porre in essere una molteplicità delle azioni, che riguarderanno tutto l'articolato e complesso arco del settore della ricerca. Tali azioni, pur variamente posizionate nel tempo, verranno opportunamente coordinate tra di loro, nella visione del settore come macrosistema integrato.
In particolare:
Con tutte le azioni che il Governo porrà in essere nel quinquennio, la spesa complessiva italiana in ricerca e sviluppo si allineerà agli standard quantitativi e qualitativi dei principali paesi europei (2% del PIL), venendo così a corrispondere agli indirizzi formulati dal Parlamento Europeo. (RdS)